Intervista impossibile a Paul Gauguin


Salve signor Gauguin… come sta? È pronto per l’intervista?
Sì, certo! Dammi pure del tu. È vero, sono un grande artista, ma di certo non rientro nella categoria dei pittori “snob” e “presuntuosi”!
Bene… allora cominciamo subito! Qui tutti sappiamo della tua fama mondiale e della tua capacità quasi sovrumana di riuscire a creare quadri fantastici. Ma molti si chiedono che tipo di artista ti consideri. A quale movimento artistico ti senti di appartenere?
Molte persone mi definiscono impressionista, altre post-impressionista, o simbolista, alcuni addirittura espressionista, ma io in realtà non mi sento di appartenere a nessuna di queste correnti. Un mio grande desiderio è quello di trasmettere ai miei spettatori ciò che desidero comunicare attraverso i miei dipinti, senza la necessità di dovermi catalogare in un movimento artistico. Non credo ci sia bisogno di distinguere l’arte in base alla modalità con la quale si dipinge. Sarebbe davvero bello far capire alle persone che non devono guardare un quadro e giudicarlo in base alla corrente artistica di appartenenza, ma bensì in base alle emozioni che quel dipinto trasmette.
Se devo dirla tutta, mai mi sono chiesto, né ho mai pensato, di definirmi. Cerco sempre di cogliere qualcosa da ogni quadro, di qualsiasi movimento o artista, senza alcuna differenza. Probabilmente il mio stile si avvicina molto al “cloisonnisme”, per via dei contorni netti delle figure, dipinte con colori compatti, simili ai compartimenti di metallo che costituiscono le strutture delle vetrate nelle chiese, ma di certo, se organizzano una mostra di quadri impressionisti, partecipo senza dubbio, anche in compagnia di Camille Pissarro, grande artista, oltre che un fedele amico.
E dimmi un po’… nella tua vita hai viaggiato per il mondo in lungo e largo, soprattutto attraversando il mare. Ti piace molto fare nuove scoperte e confrontarti con l’oceano?
Tieni presente che avevo poco più di un anno quando passai lunghi mesi in mare su una nave diretta dalla Francia in Perù. Quindi immagina un ragazzino come me in Sud America a contatto con un mondo che profumava di mare e di calore umano.
L’oceano, per me, è come una seconda pelle, ormai lo sento parte di me, ed è difficile stare più di una settimana senza vederlo. È una mia abitudine recarmi, quando ho un attimo di tempo, in spiaggia, anche solo per pochi minuti. Pensa che a volte, ci parlo anche con il mare. E lo so che potrò sembrarti stupido, ma mi rilassa molto e devo dire che sfogarsi con qualcuno che non ti giudica, è un metodo molto efficace per trovare la risposta a molte domande. Inoltre, per un periodo della mia vita, io e il mare, a causa del lavoro, ci vedevamo tutti i giorni. Perché lo sai che sono stato un marinaio, vero?
Sì, lo so… ma cosa c’entra un marinaio con l’arte?
E lo domandi a me? In realtà io sono diventato un artista per puro caso. Tutto è dipeso dalle circostanze, dagli incontri, dal destino e, sotto sotto, da quello che avevo dentro di me, forse un desiderio di calmare il mio vagare per il mondo. Dipingere la prima volta fu solo un caso, ma mi accorsi che sapevo anche farlo bene e da quel momento io, l’arte e il mare ci siamo fusi, diventando un’unica cosa.
È tutta una questione di porsi davanti ad una tela, come l’essere su una spiaggia di fronte al mare, e poi sognare. Ecco! Dipingere è un ottimo strumento per rappresentare un sogno. Il profumo della materia utilizzata che mi entrava nel naso, pur essendo differente dalla salsedine, giungeva nel cervello come una miscela esplosiva. Mi appassionava al punto che, attraverso le tonalità di colore, vedevo un mare dove tuffarmi. Quest’amore del mare mi faceva tracciare segni netti senza paura e la linea tracciata con il pennello era la stessa del mare senza fine, ai confini del mondo. Ero proprio un vecchio lupo di mare, così coraggioso e sicuro di me che non ho avuto problemi ad entrare in contatto con altri artisti già svezzati.
Prima hai citato Pissarro. Un grande impressionista, eppure tutti sanno che non hai un bel rapporto con il resto di loro. Mi sbaglio?
In realtà non lo so neanche io. Amo la libertà e per me loro sono troppo chiusi nei loro schemi, io vedo la realtà con i miei occhi: loro la dipingono pensando di più alla tecnica. Purtroppo o per fortuna, siamo tutti diversi nel mondo e credo sia anche normale trovarsi meglio con alcune persone, rispetto ad altre. Non credi?
Si, hai perfettamente ragione. Che cosa ti è rimasto del viaggio in Centro America? 
Una nuova luce che mi ha illuminato la mente. Della mia opera pittorica, semplice, naturale e spontanea, rimangono sicuramente impresse le mie donne mulatte, di cui mi vanto molto. Attraverso i loro occhi, cerco sempre di trasmettere sensazioni diverse, spesso quelle che io non riesco a provare, con l’obiettivo di smuovere qualcosa nell’amina di chi le guarda. E poi i colori, le forme e l’armonia, completano l’opera in modo strabiliante, talvolta riuscendo a creare qualcosa di inaspettato. Inspiegabile.
Non funzionò neanche in campagna con Van Gogh, vero?
Purtroppo sì. Avevo conosciuto il fratello Theo, grande competente e appassionato d’arte. Credeva molto in me e anche Vincent era un caro amico. Ma la mia voglia di libertà era superiore alla sua. È sicuramente un grande artista, ma io preferisco le persone vere, quelle silenziose e di poche parole. E poi l’aria di campagna con i suoi profumi era troppo distante dal mio mare… Così, come un lampo in un temporale estivo, sono partito. Il tempo di trattare alcune cose a Parigi e poi via verso la Bretagna.
Era l’inizio di una nuova vita?
In un certo senso sì. Mi sentivo libero. Scusami se insisto su questo concetto, ma credo sia alla base della vita. La libertà ti dà la possibilità di avere altri punti di vista, di viaggiare con la fantasia. I miei colori, apparentemente piatti, sono pieni di calore e profumano di vitalità. Uno dei miei tanti obiettivi è quello di farli uscire fuori dalla mia testa, senza pensare troppo alla tecnica: questa è stata e per sempre sarà la mia legge. È con questo scopo che dopo 65 giorni di navigazione sono arrivato a Thaiti, probabilmente la terra più bella in cui sono stato. È proprio lì che ho trovato la mia anima, che da sempre cercavo in tutti i miei viaggi. Non mi sarei mai immaginato che un posto così lontano, potesse essere così genuino. Mi ha fatto aprire gli occhi, ed è proprio lì che ho scoperto la mia vera essenza ed anche in questa occasione il mio amico più fedele e inseparabile è rimasto il richiamo del mare.
L’ultima domanda… hai qualche piano per il futuro?
Sinceramente no, vivo alla giornata e, dato che credo molto nel destino, sono sicuro che le cose belle capiteranno senza preavviso, quando meno me lo aspetto. Sicuramente continuerò a dipingere, ma per quanto riguarda tutto il resto, lascerò che succeda, senza cercare di cambiare ciò che è già stato scritto.
Flavia Casagrande, 3^G

0 Commenti