In questo periodo il mondo sta conoscendo purtroppo il
significato della parola pandemia.
Siamo tutti travolti da sentimenti dolorosi e non riusciamo
ad intravedere la fine di questa pestilenza.
Ma se per noi il 2020 rappresenta una prova così dura da
superare non oso immaginare come abbiano fatto le generazioni passate.
Ultimamente ho letto testi di Boccaccio e di Manzoni per
cercare di trovare una risposta. Non avrei mai pensato che la letteratura
riuscisse ad aiutarmi in questo momento.
Ed ecco trasformarmi in una giornalista viaggiatrice nel
tempo per poter intervistare Giovanni Boccaccio.
Mi trovo a Firenze e corre l’anno 1348.
Qui imperversa la peste.
Riesco a rintracciare Boccaccio e mi presento a lui.
Alice: Buongiorno messer Boccaccio,
il mio
nome è Alice.
Vengo da
lontano in cerca del suo aiuto.
Vedo
Firenze in ginocchio, morti in ogni angolo
della
strada, vorrei chiederle cosa pensa di
questa
pestilenza e quale sarà il contributo che
vorrà
dare ai suoi concittadini.
Boccaccio: Buongiorno a te, gentil donzella, non so da
dove tu venga ma voglio rispondere alle tue
domande pensando di farti cosa grata.
L’epidemia si è diffusa rapidamente qua a
Firenze,
provocando già la morte di molte
persone.
Come hai potuto vedere gli effetti
della peste sul corpo sono
devastanti.
Mi dicono che questo morbo provenga dalla
lontana Asia, non so se sia vero e neppure
quando finirà. In molti la considerano una
punizione divina. Ho perso familiari e amici.
Contro questa pestilenza non posso nulla
se non utilizzare penna e calamaio per
lasciare un segno duraturo nel tempo di
quello che sta accadendo.
Alice: Quindi sta lavorando ad una nuova opera in
questo terribile momento?
Boccaccio: Sì,
graziosa e curiosa fanciulla.
Credo che la chiamerò Decameron.
Sarà una raccolta di novelle narrate
da un gruppo di giovani,
sette donne e tre uomini,
scappati da Firenze per
sfuggire alla peste.
Questa mia opera la lascerò in dote
all’umanità.
Alice: Come le ho già detto vengo da molto
lontano
e
nel luogo e nel tempo in cui vivo, è in corso
una pandemia. Quello che lei oggi sta
scrivendo è giunto fino a me nell’anno
2020. Non voglio aggiungere altre
informazioni,
forse mi prenderà per pazza.
Sono qui per ringraziarla perché anche
attraverso le sue opere e quelle di altri
suoi celebri colleghi sto cercando risposte
alle mie domande.
Boccaccio: Lungi da me considerarti pazza. Sono un
poeta,
un filosofo, un artista e forse per
questo la mia mente è aperta a qualunque
cosa.
Comprendo allora che la storia si è
ripetuta più volte e questo mi addolora.
Il
consiglio che posso darti è quello di
scrivere a tua volta quello che stai
vivendo
per lasciarne una traccia indelebile nella
speranza che questa volta l’umanità riesca
a
capire i suoi errori.
Non ti abbattere e reagisci.
Non cercare ora il perché di ciò che sta
accadendo.
Avrai e avrete tempo per questo.
Adesso ti lascio salutandoti da
lontano.
Non posso abbracciarti, perdona
questa mia malacreanza ma sono sicuro che
capirai il motivo del mio comportamento.
ALICE D’ARPINO 2H
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