Con la macchina del tempo alla ricerca di Boccaccio


Sono molti anni che insegno Italiano ai ragazzi delle scuole medie, loro mi adorano, mi seguono su Facebook e su Instagram, mi fanno domande di ogni genere, si rivolgono a me per qualsiasi dubbio storico o letterario; ma quello che non sanno è che la mia grande preparazione, la mia conoscenza non è dovuta ad anni di studi approfonditi ma ad un piccolo grande segreto: posso viaggiare nel tempo.
Sì, esatto, avete letto bene, io posso viaggiare oltre lo spazio conosciuto, oltre la comprensione umana, alla ricerca di una risposta ai più grandi quesiti della letteratura mondiale e questo grazie alla più stupefacente delle scoperte: un portale, uno stargate in grado di proiettarmi in qualsiasi epoca storica.
Tutto iniziò in una fredda mattina di gennaio in cui il programma scolastico mi poneva davanti ad uno dei grandi protagonisti del ‘300 italiano: Giovanni Boccaccio.
Già immaginavo un lunedì mattina devastante, con decine di mani alzate che mi ponevano mille domande su Boccaccio e sulla sua opera più importante: il Decameron.
Dovevo assolutamente prepararmi in modo da spiegare e far comprendere al meglio una figura di tale rilievo storico-letterario. La mia preparazione universitaria era ottima ma su Boccaccio avevo qualche lacuna, così decisi di recarmi alla biblioteca comunale dove, a causa di un temporale in corso, non trovai anima viva.
All’entrata non c’era il classico bibliotecario che indirizza su generi letterari e scaffali, ma un signore distino ed elegante, vestito con abiti vintage, molto silenzioso, che mi fissava continuamente.
Io sinceramente pensai ad una trovata pubblicitaria per l’uscita di qualche nuovo libro, così non diedi tanto peso alla cosa e mi misi a cercare notizie sulla vita e sulle opere di Boccaccio, in modo da poter sorprendere i miei studenti nella lezione che avrei dovuto tenere il lunedì successivo.
Dopo alcuni interminabili minuti, il distinto signore si avvicinò a me e mi chiese cosa stessi cercando. Quando gli illustrai lo scopo della mia presenza in quel luogo, mi disse: “Questa non è la sezione giusta, deve andare all’ultimo piano, quello del ‘300 fiorentino, terza scala, seconda porta a sinistra”.
Arrivai all’ultimo piano ed entrai nella stanza, imboccando la seconda porta a sinistra come da istruzioni. Fu una folgorazione, rimasi stupito da tanta bellezza; i grandi autori della storia erano tutti lì. Notai subito su uno scaffale intarsiato un’opera di fattura mirabile che recava la scritta: “Il ‘300 Italiano:  Dante, Petrarca e Boccaccio”.
La cosa incredibile fu che quel giorno, visto il freddo e il cattivo tempo, ero completamente solo e libero di concentrarmi su Giovanni Boccaccio e sul suo Decameron ma, una volta preso il testo tra le mani, una luce accecante invase la stanza, la libreria si aprì in due parti e dietro vidi una poltrona in cuoio marrone, usurata dai segni del tempo e una piccola tastiera con scritto: Anno e Luogo.
L’occasione era troppo ghiotta e, anche se non riuscivo a credere a quello che mi stava accadendo, mi sedetti e, un po’ tremolante, digitai un luogo e una data precisa: Firenze 1353. “Tanto i viaggi nel tempo non esistono” pensai.
Improvvisamente tutto divenne prima scuro e poi totalmente nero, avevo il cuore che mi batteva come un tamburo, vedevo dei fasci di luce passarmi davanti agli occhi ad una velocità impressionante e sentivo chiaramente il mio corpo leggero, quasi fatto d’aria, che volava come un foglio di carta spinto dal vento.
Mi ritrovai, dopo un tempo non definito, sotto un cespuglio vicino ad un villaggio dove sentivo parlare chiaramente il dialetto fiorentino, tanto caro a Boccaccio. Ero arrivato a Firenze, ero approdato sicuramente nel 1300 e dovevo approfittarne! Per me, professore d’Italiano, era un sogno ad occhi aperti! Per prima cosa, cercai dei vestiti adatti all’epoca e iniziai a girovagare chiedendo a chiunque se conoscesse il grande poeta e scrittore che stavo cercando.
Mi sentivo come una sorta di detective inviato indietro nel tempo per indagare sui grandi quesiti letterari e storici e questo mi piaceva. Poi incontrai una gentile “donzella” alla quale chiesi notizie del famoso scrittore ed ella mi rispose: “Boccaccio? L’autore del Decameron? Lo troverà in fondo alla strada; è lì che abita!”. Con il cuore a mille corsi a bussare a quell’enorme portone e, dopo due o tre tocchi, aprì lui in persona: Giovanni Boccaccio!
Timidamente entrai e, in preda ad un entusiasmo irrefrenabile, gli dissi che ero un suo grande fan. Lui mi guardò con stupore e riflettei subito sul fatto che non poteva certamente conoscere il significato della parola “fan”; mi fece accomodare e mi chiese: “In cosa posso esserle utile messere?” A sentire il suono della sua voce mi sembrò quasi di svenire. Gli chiesi informazioni su tutto: sulla sua vita, sui suoi colleghi, sui suoi amori, sulle sue opere, e lui cordialmente rispose a tutte le mie domande.
Riguardo al Decameron, mi disse che l’idea di base era la seguente: un gruppo di giovani, sette ragazze e tre ragazzi si incontrano a Firenze, nella chiesa di Santa Maria Novella, mentre la città è devastata dalla terribile Peste del 1348.
Per sfuggire alla malattia e per dimenticare la sofferenza e la desolazione che regnano a Firenze, i dieci ragazzi decidono di abbandonare la città e di trasferirsi in campagna, in una villa circondata dalla natura e da una pace incontrastata. Per tenere lontano ogni cattivo pensiero e ogni notizia tragica che potrebbe giungere dall’esterno, a scopo di intrattenimento e per riflettere sul significato profondo di alcuni importanti temi, i giovani decidono di raccontare a turno una novella incentrata sugli argomenti più svariati.
Ecco, questa era la chiave di lettura perfetta per me e per i miei studenti. Avrei spiegato il Decameron ispirandomi alle parole del Boccaccio e creando ad arte una relazione con la pandemia dei nostri giorni… dunque il coronavirus di oggi come la peste di allora. Riuniti nella villa di campagna, i giovani del Trecento parlavano d’amore, di scherzi e di beffe nel tentativo di allontanare la paura di ammalarsi, un po’ come succede ai nostri giorni con i concerti dalle finestre, le videochiamate o le barzellette che girano sui social.
Sarei rimasto a lungo in quel momento storico unico e irripetibile, avevo ancora tanto da chiedere, ma avevo paura, troppa paura di rimanere bloccato lì per sempre e di non rivedere mai più la mia famiglia e il mio tempo che, in fondo in fondo, sicuramente preferivo. Sapevo come tornare a casa, avevo capito benissimo il meccanismo; dovevo attendere di rimanere solo nella biblioteca personale di Giovanni. L’occasione si presentò quando il Boccaccio si alzò per cercare una candela, visto il calar del sole, per proseguire la nostra piacevole chiacchierata.
I miei occhi cercavano il Decameron tra le centinaia di testi della stanza poi, improvvisamente, notai, dietro un angolo, una piccola libreria in legno scuro con al centro una copia del capolavoro. Spostai il libro e via… mi trovai nuovamente immerso nella luce, l’aria attraversava il mio corpo, poi l’oscurità e poi ancora… venni catapultato lì, al punto di partenza, dietro la seconda porta al terzo piano della biblioteca comunale! “Che bello essere di nuovo a casa!” pensai, così mi misi in sesto, controllai i miei vestiti, che ovviamente erano quelli del ‘300, e cercai disperatamente degli abiti più adatti.
Dentro un bagno, trovai il camice di servizio della biblioteca, lo indossai e mi diressi verso l’uscita. Salutai il bibliotecario che a sua volta contraccambiò il mio saluto con un ghigno curioso.
Tornai a casa e crollai sul letto. La mattina seguente, quando mi svegliai, ricordavo tutto perfettamente ed ero felicissimo perché potevo spiegare ai miei studenti il vero significato del Decameron, attinto direttamente dalle parole di Giovanni Boccaccio!
Ancora oggi mi chiedo spesso se ci sono stato davvero o se è stato solo un bellissimo sogno.

Nicolas Prezioso
Classe 2A

 Giovanni Boccaccio - Wikipedia

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