Un viaggio nel tempo e nella fantasia per intervistare il grande Giovanni Boccaccio

 

Giornalista: Buongiorno Messer Giovanni Boccaccio onoratissima, sono la signorina Azzurra Vattone, una giornalista inviata dal “Pascoli Web Journal”, la testata online dell’Istituto “Giovanni Pascoli” di Aprilia. Potrei porgerle alcune domande?

Boccaccio: Certamente signorina, ne sarei onorato.

G.: Bene. Ci sarebbero molte cose da chiederle in merito alla sua vita ma io vorrei parlare con lei in particolare dell’esperienza vissuta a Napoli

B.: Deve sapere che mio padre era un mercante fiorentino e nel 1327, avendo deciso di iniziarmi alla carriera dei commerci, per farmi fare pratica bancaria mi condusse a Napoli, presso la compagnia dei Bardi di cui era socio.
A me, tuttavia, questa cosa piaceva poco perché volevo fare ben altro, così ebbero inizio continue liti con mio padre, il quale m'indirizzò verso il diritto canonico. Ma a me, in verità, non interessava neppure quello.

 

G: Scusi, ma cosa voleva fare allora?


B.: Ero molto giovane a quel tempo ma già mi piaceva scrivere. Cominciai a frequentare la corte angioina e a studiare da autodidatta. Conobbi poi Cino da Pistoia, un poeta toscano costretto a lasciare la sua città a causa dell’appartenenza alla parte ghibellina. Fu proprio lui ad influenzare la mia scelta di dedicarmi alla letteratura! A Napoli studiai i classici latini e la letteratura cortese francese e italiana. Aggiungo poi che in quella splendida città conobbi anche l'amore della mia vita.

 

G.: Parla di Fiammetta?


B.: Certo, e di chi altri? La vidi per la prima volta il Sabato Santo del 1336 nella chiesa di S. Lorenzo, quella che si trova ora nella parte antica di Napoli, presso piazza San Gaetano; un "grazioso e bel tempio" nei pressi del quale dimorò anche il mio caro amico Petrarca.

 

G.: Fu Fiammetta ad ispirare molte delle sue opere…


B.: Tutte le mie opere giovanili sono dedicate a lei, dal “Filostrato” al “Ninfale Fiesolano” fino al romanzo “Elegia di Madonna Fiammetta” e all’“Amorosa Visione”.

 

G: E con Fiammetta come finì?


B.: Finì male, perché ella mi abbandonò ed io dovetti tornare a Firenze, da dove mio padre mi aveva richiamato perché gli affari di famiglia non andavano bene.

 

G.: Come fu il suo rientro a Firenze?


B.: Per la famiglia erano sorte delle difficoltà economiche a causa del fallimento della banca di Bardi, così la vita non fu più serena come quella vissuta a Napoli ma divenne triste e fu gravata da molte preoccupazioni economiche. Tuttavia continuai a scrivere opere poetiche e narrative come il “Ninfale d'Amleto” o la “Commedia delle Ninfe fiorentine” e… “L’elegia di Madonna Fiammetta”. In quest'opera si vede il mio rimpianto per il mondo napoletano.

Guaglio', Napoli mi è rimasta nel cuore.

 

G.: Continuate, Maestro, vi prego…


B.: Nel 1348 a Firenze scoppiò un’epidemia di peste e la scampai bella. Mio padre morì nel ‘50 ed io amministrai quel poco che era rimasto del patrimonio di famiglia. Condussi per un po' la “vita cittadina” (che non era certo quella di Napoli) e cominciai a scrivere il “Decameron”. Poi strinsi un vero e profondo legame con Francesco Petrarca che considero il mio migliore amico.

 

G.: Ma è vero che le consigliò di distruggere il “Decameron”?


B.: Sì ma io non lo feci e credo sia stata una fortuna.

 

G.: Cosa ci può dire delle letture della “Commedia” di Dante?

 

B.: Ne fui onorato. Ricevetti l’incarico dal Comune di Firenze che nel 1373. Conosco molto bene la “Divina Commedia”; è davvero un’opera splendida!  Beh, più che splendida… io stesso l’ho definita “Divina”, e un motivo c’è!  

G.: Cosa mi dice del Sommo Poeta: Dante Alighieri?

B.: Nella mia opera “Trattatello in laude di Dante”, oltre a delineare la definizione di “Divina”, narro della straordinaria memoria del Sommo Poeta. Nella mia epoca ricordare era un’operazione essenziale, indispensabile. In tanti la esercitavamo e la curavamo. L’esercizio della memoria era una vera e propria arte e, per di più, uno strumento per dare ordine e senso alle cose. Dante fu Maestro anche in questo.  

G.: Grazie mille Messer Boccaccio per aver risposto alle mie domande, arrivederci.


B.: Arrivederci signorina Azzurra, è stato un vero piacere. Un caro saluto a tutti i lettori del Pascoli Web Journal.

Vattone Azzurra

Classe 2A

 Immagine dal web

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