Riflessioni inconsapevoli sul mondo

 Ho contato i soprammobili della mia anima, ho valutato la reticenza dell'inutile, e mi è caduta addosso l'aridità del mondo. Ho provato un immenso fastidio, una stizza incommensurabile e senza respiro, posta a cavallo tra ciò che è inutile e bambinesco e ciò che può rivelarsi di vitale importanza.

Mi sono accovacciata sotto la balaustra per non percepire il troppo spazio a disposizione del mio sguardo, facendo in modo che qualcosa di pericoloso si accendesse dentro di me, qualcosa di proibito e che contemporaneamente chiede a me stessa e al mondo il permesso di esistere.

Ho pensato alla fede, rifugio del razionale nell'irrazionalità, che compensa divinamente e trascendentalmente il nostro essere inutili, facendo sì che la verginità dei sentimenti emerga, anche se ciò avviene sempre più di rado. Ho pensato al nulla, e, provando a tenere il mio cervello vuoto per un istante, la mia mente è entrata in un circolo vizioso per sopperire a quella momentanea e voluta carestia di emozioni: ha tirato fuori dai suoi meandri più remoti il suo essere aggressiva, gettando sul fuoco tutto ciò che mi fa star male e facendo estinguere, ma allo stesso tempo ardere, le mie paure più infantili.

 Mi sono sentita una goccia nel mare, perfettamente inutile. Mi sono sentita un pennello che dipinge nel vuoto altalenanti segnali di mortificazione. Mi sono sentita un insetto inutile e dannoso; ho infastidito me stessa quasi senza volerlo; poi sono tornata a contare quanti soprammobili da spolverare ci sono dentro di me, quanti fiumi sono straripati a causa di questa meravigliosa condizione che si chiama “crescita”, quanta gente avrei voluto far destare dal suo eterno delirio inconsapevole e quante volte avrei voluto che un delirio inconsapevole facesse assopire anche il destino.

Ma a me non piacciono i problemi, e non mi piace l'ignavia associata a questi ultimi, nè l'ipocrisia, potentissima arma a doppio taglio: dentro di essa ci si può nascondere per camuffare la propria coscienza e far sì che questa marcisca dentro di noi, mentre continua a gridare a gran voce che ha sete di onestà intellettuale. Ciò che è ancora più ripugnante e che ammala il genere umano è il nascondersi dietro problemi inesistenti, dietro a maschere sgargianti e schemi inutili, che ci inducono a falsificare la nostra stessa personalità.

Poi ci chiediamo il perché della guerra, l'impertinenza del nostro cuore ci tortura, e allora la bontà d'animo si ritira per far posto a tutto ciò che è morbosamente assillante, ma che, purtroppo, costituisce l'unico punto di comunione e di convergenza tra individui.

Si tirano le somme.

Bisogna farlo.

Chi parla di uguaglianza sociale e chi prega, chi ostenta il suo essere agnostico e chi rifiuta l'affetto altrui, chi toglie valore all'amicizia urlando al mondo gli oneri e gli onori che la vita ci affida e chi può e chi prova a essere quello che non è, cadendo nel baratro. Chi cerca il plagio. Chi la solitudine. Chi il plagio e la solitudine, senza pensare che, dopo aver portato a termine la sua sporca opera, il plagiatore abbandona il plagiato e quest'ultimo rimane nudo e sanguinante davanti alla realtà.

Tutti si sentono geni o vermi e abbiamo esaurito la riserva di esseri umani normali, non abbiamo più i poveri di spirito e ci complichiamo la vita perché, con la scusa di elevarci filosoficamente, fuggiamo dalla verità che ci fa male.

Mi sento molto stanca.

Continuo a pregare mentre cerco le parole per un finale che sopperisca agli escrementi che ho ammassato in queste righe. Non mi piace il manierismo. Ho constatato di aver esaurito le parole.

I meandri del cuore sono come una tragedia greca.

E questa è la mia purificazione dell'anima.


Elena Palazzi 
Classe 2G

Foto dal Web





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