Senza
ordine. Senza logica. Senza anima, spostata in una dimensione al di fuori degli
stereotipi, in una continua e dolorosissima ripetizione delle certezze che si
trasformano in caricature dello spirito, affannate greggi di emozioni sconclusionate.
Parole.
Immagini frammentate che diventano lentamente diapositive dell’astratto, mentre
protestano e conquistano, con questa strafottenza, un posto nell’anima.
La chiamano
arte.
La storia è
dipendente dall’arte, imbibita di arte. E la storia è arte: ogni storia lo è.
Io a volte ci credo e a volte no, mentre in ogni momento della mia meravigliosa
vita mi si mette davanti la realtà dei fatti, con violenza e tristezza, ma
anche con un briciolo di speranza.
E allora
ecco che l’arte di vivere scivola in fondo ai concetti di oggettività e
costruisce recinti intorno al cuore, sfruttando illegittimamente la forza del
rancore.
E
dell’affetto.
L’arte è un
sentiero ghiacciato e desolato che mescola in un enorme calderone le emozioni
più incredibili e meravigliose e trascendenti e ataviche e auree e tristi e
illegittime che Dio abbia mai inventato.
Così mi
viene da chiedere perché l’arte continui a sfruttare il nostro Dio (che è anche
il suo) senza mai ringraziarLo.
Silenzio.
L’arte è
rumorosa.
E amo
pensare che questo sia il rumore di Dio, che a volte si scorda di noi e
abbandona l’essere umano sotto la soglia della dignità, perché è impegnato a
dipingere un quadro, a far rivivere “la Pietà” di Michelangelo, convinto che
questa benedetta pietà nel prossimo cominci, prima o poi, a sbocciare. Forse è
impegnato a dar voce alla Venere di Botticelli che vorrebbe urlare, o forse ci
redarguisce e ci fa piantare le radici e i piedi in terra con i versi di una
qualunque meravigliosa geniale poesia, contorcimento della coscienza di ogni
lettore, più o meno addormentato. O forse la fatica del pianto della musica ha
sconfitto anche Dio, che preferisce materializzarsi nell’immensità di un tempio
greco.
Dicasi arte.
Dicasi
bellezza universale.
Sulla sponda
dell’oggettività.
E mi
piacerebbe sapere se ogni tanto anche l’arte si sottometta all’ignavia e, se è
vero, mi piacerebbe sapere il perché.
Non è forse
arte una solenne decorazione michelangiolesca, qualche pennellata disordinata
di Van Gogh, una miserabile briciola di polvere caduta da una tela incompleta?
Non si è forse veri artisti se tutti questi elementi li si utilizza per portare
avanti la sacrosanta missione di condannare le barbare aggressioni della
storia? Non è forse arte la voglia di trasformarsi in un piccolo Foscolo e
difendere con le unghie e con i denti la sovranità di ognuno, superando lo
stereotipo della sconfitta? Non è forse arte parlare di gloria, senza buttarci
dentro nessuna iperbole del pragmatismo?
La vita è un
oceano, mica una pozzanghera.
Classe 3G
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