INCONTRO CON IL DOTT. VICTOR FRANKENSTEIN

Ci vuole fegato per fare un’intervista ad un uomo in costante sofferenza per una morte provocata indirettamente da lui. Questo però era il mio compito e non potevo tirarmi indietro. Mi riproposi di porre delle domande non troppo “cattive” ma che allo stesso tempo si collegassero al suo passato da scienziato di cui, come sappiamo, il Dott. Frankenstein non amava parlare nel modo più assoluto.

Arrivai a casa sua; si percepiva fin dall’inizio che l’idea di un’intervista non gli piacesse perché si aspettava di certo domande sul mostro e su suo fratello. Tuttavia questo non mi fermò.

L’atmosfera era tesa e, per rompere il ghiaccio, gli posi una domanda abbastanza “leggera”, ovvero in che modo era diventato uno scienziato e cosa lo aveva spinto a credere in se stesso tanto da divenirlo.

Rispose con voce malinconica che la scienza lo affascinava e, con le opportunità che la vita gli aveva offerto, non ci aveva pensato due volte a sfruttare la situazione a suo vantaggio.

Gli chiesi poi, alludendo alla creazione del celebre “mostro” riportato in vita dopo una lunga serie di esperimenti, quale fosse secondo lui la sua invenzione più importante.

Cambiò totalmente espressione, era visibilmente irritato e mi accorsi di essere stato troppo diretto. Nonostante ciò rispose al mio quesito dicendo che le cose non erano andate secondo le sue previsioni ma che riteneva che quello fosse ugualmente un esperimento importante e senza precedenti nella storia della scienza. Precisò, quindi, di avervi lavorato intensamente per quasi due anni; due anni di notti spesso insonni e giornate di impegno ininterrotto nel suo laboratorio.

Avevo ancora molto da chiedere a riguardo ma egli si rifiutò di proseguire e se ne andò via irritato, pentito di aver accettato quell’intervista.

 

Testo: Cosman Simone Emanuel

Immagine: Benvenuti Giulia

Classe 3A            





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