Ci
vuole fegato per fare un’intervista ad un uomo in costante sofferenza per una morte
provocata indirettamente da lui. Questo però era il mio compito e non potevo
tirarmi indietro. Mi riproposi di porre delle domande non troppo “cattive” ma
che allo stesso tempo si collegassero al suo passato da scienziato di cui, come
sappiamo, il Dott. Frankenstein non amava parlare nel modo più assoluto.
Arrivai
a casa sua; si percepiva fin dall’inizio che l’idea di un’intervista non gli
piacesse perché si aspettava di certo domande sul mostro e su suo fratello.
Tuttavia questo non mi fermò.
L’atmosfera
era tesa e, per rompere il ghiaccio, gli posi una domanda abbastanza “leggera”,
ovvero in che modo era diventato uno scienziato e cosa lo aveva spinto a
credere in se stesso tanto da divenirlo.
Rispose
con voce malinconica che la scienza lo affascinava e, con le opportunità che la
vita gli aveva offerto, non ci aveva pensato due volte a sfruttare la
situazione a suo vantaggio.
Gli
chiesi poi, alludendo alla creazione del celebre “mostro” riportato in vita
dopo una lunga serie di esperimenti, quale fosse secondo lui la sua invenzione
più importante.
Cambiò
totalmente espressione, era visibilmente irritato e mi accorsi di essere stato
troppo diretto. Nonostante ciò rispose al mio quesito dicendo che le cose non
erano andate secondo le sue previsioni ma che riteneva che quello fosse
ugualmente un esperimento importante e senza precedenti nella storia della
scienza. Precisò, quindi, di avervi lavorato intensamente per quasi due anni; due
anni di notti spesso insonni e giornate di impegno ininterrotto nel suo
laboratorio.
Avevo
ancora molto da chiedere a riguardo ma egli si rifiutò di proseguire e se ne
andò via irritato, pentito di aver accettato quell’intervista.
Testo:
Cosman Simone Emanuel
Immagine:
Benvenuti Giulia
Classe
3A
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